Attenti al lupo ( Ai)

In bocca al lupo: tre storie per un augurio

Gli auguri hanno sempre un fondo di mistero. Parole semplici che ci scambiamo ogni giorno, ma che spesso portano con sé strati di storia, leggende e simboli. Uno degli auguri più diffusi in Italia è il celebre “in bocca al lupo”. Di solito chi lo riceve risponde con un “crepi”, ma ormai molti preferiscono ribaltare la sorte e rispondere “viva il lupo”. Perché, in fondo, chi vorrebbe davvero la morte del lupo, animale potente e affascinante?

Dietro a questa formula convivono almeno tre interpretazioni. Tre fili narrativi che si intrecciano, e che ci raccontano il rapporto dell’uomo con la natura, con la paura e con il viaggio.

La prima versione è ecologica e favolesca. I cuccioli di lupo, quando devono essere spostati, vengono presi delicatamente dalla madre con la bocca. È un gesto di protezione, non di minaccia. Stare “in bocca al lupo” significherebbe allora trovarsi nel luogo più sicuro possibile: protetti tra le zanne della madre, difesi dal suo coraggio.

La seconda spiegazione viene dalla tradizione venatoria. I cacciatori sapevano che, se ci si imbatteva in un lupo, non bisognava mai voltargli le spalle. L’unico modo per salvarsi era guardarlo dritto in faccia: incontrare il suo sguardo e non mostrarne paura. Essere “in bocca al lupo” vuol dire allora trovarsi davanti alla sfida, ma nella posizione giusta per affrontarla.

La terza versione ci porta invece a Venezia. Qui, le navi che arrivavano in porto dopo viaggi lunghi e pericolosi dovevano depositare una dichiarazione in apposite cassette di pietra, chiamate “bocche di lupo”. Riuscire a mettere quel documento nella fessura significava essere giunti sani e salvi, approdati al termine di una traversata piena di incognite. Essere “in bocca al lupo”, allora, era sinonimo di approdo sicuro, di ritorno a casa dopo il mare in tempesta.

Tre spiegazioni, tre immagini diverse: la madre che protegge, il cacciatore che resiste, il marinaio che approda. Forse tutte vere, forse tutte leggendarie. Ma proprio questa pluralità è la forza dell’espressione: ogni volta che auguriamo a qualcuno “in bocca al lupo” lo accompagniamo idealmente in un viaggio, tra rischi e paure, ma anche tra protezione, coraggio e approdo.

E chissà se non aveva ragione il poeta Rainer Maria Rilke quando scriveva:

“Chi guarda un animale negli occhi, è già in pericolo.”

Forse è proprio da quel pericolo – affrontato, domato, condiviso – che nasce il nostro augurio più sincero.